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Note Biografiche

Il lavoro artistico di Mirella Daniell si nutre di numerose e diverse suggestioni che, a un esame superficiale, possono lasciare sorpresi o dare le vertigini.


Come è possibile conciliare tra loro la passione per il ritratto con quella per le icone prodotte nel mondo cristiano-ortodosso? E la raffinatezza cinquecentesca di Grunewald con la naif ricerca libertaria di Joze Tisnikar? E la leggiadra accuratezza figurativa di Graham Sutherland con il sintetico e massimalistico scavo nelle leve dell’anima di Francis Bacon? E l’assoluto espressionismo dei corpi mummificati con le perfette stilizzazioni dell’arte orientale?


Tutto questo è presente, contemporaneamente, nel lavoro di Mirella Daniell e di questi itinerari paradossali, giocati, sembra, per trovare la sintesi tra gli estremi del nostro mondo artistico, ritroviamo le tracce nella sua biografia, fin dalle origini, già esse stesse dualistiche.
Vive la sua infanzia a cavallo dell’Europa, tra l’Inghilterra e l’Italia, sui due fronti di un conflitto che ha visto gli uni vittoriosi e gli altri sconfitti; eppure, in questo conflitto c’è già la radice di tutti quelli che verranno successivamente. La radice italiana, quella apparentemente più debole, perché uscita dalla guerra sconfitta, porta con sé l’influenza artistica più solida, più duratura. La scoperta della tradizione britannica verrà più tardi.
Agli inverni freddi e piovosi dell’Inghilterra fanno da contrappunto i mesi estivi trascorsi in Italia. Alla quiete della provincia inglese e italiana, circondate dal verde dei giardini e delle colline, si oppone la vita di città, con le sue frenesie e i contrasti sociali più duri.


I primi disegni sono di alberi contorti, mura antiche bugnate, figure umane sdoppiate, come in compagnia della propria ombra. Ma in questo alternarsi d’identità, il gioco delle parti è ancora unitario, ancora concorre a un’unica rappresentazione.
Il primo incontro con un mondo diverso. la prima frattura, la sperimenta quando, a 17 anni, si trasferisce negli Stati Uniti, in Texas. Sono gli anni in cui deve scegliere verso dove orientare la propria formazione e la scelta è obbligata dalla sua storia personale: la formazione linguistica, per ricomporre le sue radici, e l’arte figurativa, per ricercare nell’immagine quella sintesi che a momenti sembra impossibile comporre tramite la parola.
In quel periodo inizia a dipingere regolarmente. I suoi insegnanti la ricordano per il modo in cui elaborava graficamente le tematiche dei testi letterari studiati e per la sua pretesa che quei lavori pittorici venissero accettati in sostituzione dei saggi che le avevano chiesto.


Lavora con il rapidograph e l’acquerello su carta e inizia a sperimentare l’olio su tela. Con il rapidograph illustra testi letterari. Riserva l’olio a una ricerca simbolica nella quale compaiono figure umane stilizzate. E’ in questi anni che conosce il lavoro artistico di Joze Tisnikar, un pittore sloveno noto in America per il volume dedicatogli nel 1978 da The Summerfield Press.


Rientra in Inghilterra dopo aver finito i suoi studi universitari, ma è una permanenza di pochi mesi, riparte subito per andare a vivere in Grecia. Entra in contatto con la tradizione delle icone cristiano-ortodosse e inizia a riprodurle per il mercato locale. E’ ammirata dalla disciplina di vita che, secondo la tradizione, presiede alla produzione delle icone. La pittura come esperienza spirituale, come scavo nell’oggetto che diviene ricerca nella propria interiorità, rimane una costante in tutto il suo lavoro successivo.


Dopo il rientro in Inghilterra, l’ultima tessera che trova la sua perfetta collocazione è la decisione di dedicarsi in via esclusiva alla figura umana e al ritratto, approfondendo lo studio dei maestri che più hanno contribuito a definire gli itinerari di questa ricerca artistica.


Si tratta di una scelta laica, idonea a esprimere, al di là delle facili sintesi di natura filosofica o religiosa, un puro e semplice discorso sull’uomo e idonea a continuare quel lavoro di scavo nell’interiorità, propria e dei propri modelli, che aveva avuto inizio con l’incontro con la tradizione iconica. Un discorso che è anche un atto espressivo sui temi della differenza, così importanti per chi ha sempre viaggiato e continua a viaggiare.
In questi anni inizia il suo incontro con la pittura britannica e con la Scuola di Londra, in particolare Lucian Freud e Francis Bacon; ma entra in contatto anche con l’arte di altri pittori britannici come Frank Auerbach e Graham Sutherland. La scelta figurativa si consolida sempre più e, con essa, il desiderio di stringere contatti sempre più forti con la tradizione classica italiana.

Dopo la Grecia e dopo un periodo  di alcuni anni in Inghilterra, a Londra, Mirella Daniell ha vissuto per circa due anni in Svizzera, a Ginevra, poi a Roma, per circa tre anni, dove ha seguito i corsi dell’Accademia di Belle Arti e in particolare lo studio dell’anatomia del corpo umano. Nel 2000 si è stabilita in Etiopia, ad Addis Abeba, dove pratica assiduamente il ritratto dal vivo con modelli locali e incontra un altro modello di tradizione iconica, anch’esso collegato al mondo cristiano-ortodosso, ma ricco di suggestioni provenienti dall’Europa, dal mondo bizantino, dall’Egitto e da tutto il Medio Oriente. La sua ricerca continua così ad arricchirsi, senza però mai perdere di vista i modelli dell’arte europea che predilige, come le forme pure e delicatissime di Piero della Francesca, e i grandi maestri del ritratto, come Degas, Cezanne e van Gogh.

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