MirellaDaniell
MirellaDaniell

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Album del Corno d’Africa


GALLERIA DI RITRATTI DAL CORNO D'AFRICA DI MIRELLA DANIELL di Mirella DANIELL
La prima volta che mi sono occupato del lavoro figurativo di Mirella Daniell è stato nel 1994 con un breve articolo che è apparso su Il Punto, numero di Gennaio-Febbraio dello stesso anno. Il Punto era il periodico della FILEF di Londra, presso la cui sede era in corso un'esposizione di suoi dipinti e disegni dal titolo "Ritratti e Studi". In quell'articolo mi soffermavo su una caratteristica del lavoro di Mirella Daniell che è rimasta costante lungo tutta la sua ricerca artistica, ossia la sua predilezione per il ritratto, per la riproduzione della figura umana, che certo nel corso del tempo si è espressa con diverse tecniche e diversi esiti stilistici, eppure i ritratti hanno continuato a essere i suoi soggetti preferiti. In quel breve articolo mi ponevo la domanda se dietro quella scelta ci fosse una ragione più profonda di quella prevedibile, ossia che in genere i ritratti vengono eseguiti su richiesta del soggetto, tanto più che molti dei suoi ritratti non erano stati commissionati, erano il risultato di una selezione personale dell'artista, che aveva deciso di lavorare su un soggetto per qualche peculiare caratteristica nelle sembianze, oppure per particolari qualità che avevano attratto la sua attenzione.
La risposta che allora diedi a quella domanda era che il lavoro di Mirella Daniell sul ritratto aveva un preciso significato filosofico che esprimevo con le parole: "Nulla prima dell'uomo, nulla dopo di lui; o meglio, nulla prima degli uomini, nulla dopo di loro." Era un'asserzione radicale che voleva sottolineare che quel modello di ricerca era il frutto della totale laicizzazione del lavoro degli artisti, del loro rifiuto di dedicarsi a soggetti che pretendessero di trascendere l'uomo e che ogni aspettativa, sogno, progetto o sublime realizzazione dell'umanità è sempre e solo il frutto dell'essere umano nell'esercizio delle sue capacità cognitive e produttive.
Di fronte alla magia e all'importanza di queste realizzazioni, ma anche di fronte all'incredibile capacità di resilienza di un uomo comune nel fronteggiare i disastri, Mirella si poneva l'obiettivo di rappresentare quelle sembianze per scoprirvi dentro i moventi e i sentimenti che permettevano di conseguire quei risultati. Non solo, quella ricerca figurativa era anche un modo per scoprire, in un gesto o nella piega di un arto, le armonie e le disarmonie interiori di un soggetto. Ma quando ci si pone in questa prospettiva del tutto paritaria nei confronti dell'altro, chiunque esso sia, inevitabilmente l'indagine condotta non può esimersi dal confronto con la propria identità e con le proprie disarmonie. Il ritratto era quindi un vero e proprio modello e programma di lavoro per ritrovare, nelle fattezze delle carni dell'altro, le tracce che vi hanno lasciato le vicende della vita e i processi interiori. Un itinerario di ricerca nella spiritualità di quel soggetto che è conoscenza dell'altro nel senso più profondo.
Ma cosa c'entra quanto sopra con questa breve galleria di ritratti dal Corno d'Africa che Mirella Daniell ha prodotto nei primi anni 2000 e che intercalano queste pagine? Lo spiegherò facendo cenno a un'affermazione di Francis Bacon che viene testimoniata in una delle interviste condotte e pubblicate da David Sylvester. Il grande artista affermava che a volte, trovandosi in un mercato o in una macelleria, si interrogava se quelle carni esposte e messe in vendita non potessero essere le sue stesse. Mirella Daniell, nei suoi ritratti africani, è come se si interrogasse sul tema delle identità e si chiedesse se dagli stracci indossati dai suoi modelli non dovessero fuoriuscire le sue mani e il suo volto. Come nel lavoro di Francesco Piccione e Paolo Cartocci, quei ritratti sono un'indagine sull'identità e sulla differenza e forse, tra le altre domande, si chiedono anche se sia sufficiente una circostanza casuale, come l'essere nati in Europa o nel Corno d'Africa, a giustificare quei miseri vestiti, quelle rughe, uno sguardo soddisfatto nel constatare di essere l'oggetto di attenzione di una straniera fortunata, oppure quella mammella da cui, nella Maternità, il bambino sembra voler succhiare qualsiasi umore ancora contenuto nel corpo della madre ... ma se ci fosse soltanto questo si tratterebbe di un'attenzione morbosa, invece nei ritratti di Mirella c'è anche la dignità di chi non si vergogna di mostrarsi per ciò che è e che trova nell'attenzione dell'altro un ulteriore motivo di orgoglio. Perfino quella donna che allatta, così misera, sa che fino a quando potrà nutrire il suo bambino sarà degna di rispetto e ammirazione.
Definirsi attraverso l'altro e ritrovarsi nell'altro, in un rovesciamento dell'assolutista egocentrismo tipico dell'occidente. Questo sembra essere il cammino che Mirella Daniell percorre lavorando su questi soggetti, che certo non hanno commissionato il loro ritratto.

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